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Valentina Viene

Zakaria Tamer, «l’indomabile»


Paul Blezard, il giornalista che ha presentato la recente serata in onore di Zakaria Tamer a Londra, l’ha definito “indomabile”, riferendosi al fatto che lo scrittore, nonostante la sua veneranda età, non ha perso la sua presa sull’opinione pubblica.

Dal 1957 Zakaria Tamer ha pubblicato undici antologie di racconti brevi, libri per bambini e articoli satirici. Ha lavorato come giornalista per numerosi giornali e riviste, tra cui al Quds al arabi e al Mawqif al adabi. Tamer è anche uno dei fondatori dell’Unione degli Scrittori arabi, istituita in Siria nel 1969 e Banipal, la celebre rivista britannica di letteratura araba, gli ha dedicato il suo ultimo numero monografico.

Tamer è sempre stato un grande oppositore della tirannia ed è per questo che è conosciuto a livello internazionale, ma non ha mai risparmiato le sue critiche alla società (siriana e araba) e alla follia umana in generale. Chi conosce la storia della Siria troverà oggi i racconti di Tamer più che mai rilevanti. Le sue storie erano pertinenti negli anni Sessanta e lo sono ancora. “Una storia ben scritta tiene conto del tempo”- dice Tamer, soddisfatto che la sua produzione letteraria abbia superato la prova del passaggio degli anni.

Il racconto breve, e non il romanzo, sembra essere la forma letteraria più adatta a comunicare le idee di Zakaria Tamer. Ma lui, nonostante sia considerato un maestro del racconto breve, dice di sentirsi ancora come un contadino che ha solo iniziato a lavorare il primo pezzo di terra. Non è un grande appassionato di romanzi arabi e ritiene che alcuni concetti siano espressi meglio nella forma del racconto breve nella quale, secondo lui, è più difficile cimentarsi.

“Per me”- dice – “il racconto breve è come un coltello: un cattivo scrittore lo usa per pelare patate, mentre un bravo scrittore lo usa per uccidere una tigre”.

“La nostra nazione”, riportato di seguito, è un esempio di racconto brevissimo:

C’è una nazione che ha lasciato gli storici frastornati. Ogni volta che uno dei suoi governanti si convince che occuperà il trono per sempre, questi prende il volo, dal suo palazzo alla tomba, un volo simile a quello di aquile e falchi, e al suo funerale nessuno prenderà parte, se non il suo invidiato assassino.

Il lettore resta perplesso: prima la storia incantata di re e palazzi, poi, da una posizione di potere, la caduta in picchiata direttamente nella tomba. Al lettore non rimane che un’immagine inquietante di un assassino e, al tempo stesso, falchi e aquile, simboli di regalità e rapacità.

Nonostante viva nel Regno Unito dagli anni Ottanta, Tamer continua a seguire gli eventi in Siria, di cui coglie chiaramente le cause. È sul punto di piangere quando racconta cosa lo ha spinto a scegliere l’esilio volontario: viveva in via Rawda, a Damasco. Un giorno c’è stata un’esplosione: un membro della polizia segreta si era fatto saltare in aria. Uscendo di casa, ha trovato brandelli del suo corpo sparsi per strada e alcuni bambini li stavano prendendo a calci, come un pallone. In quel momento si è reso conto che la Siria non era più sicura.

Dal 2012 scrive sulla sua pagina Facebook al Mihmaz (Il pungolo) e lo fa con tale regolarità che tutti i suoi commenti messi insieme potrebbero formare un libro di tre o quattrocento pagine – dice lui stesso. Una persona che legge le sue riflessioni potrebbe pensare che non abbia mai lasciato la Siria. “L’esercito arabo siriano è il primo pericolo per la Siria, e il nemico numero due è il Presidente”, afferma. E questo, mentre l’attenzione dei media è tutta rivolta al fenomeno dell’Isis.

Lo scrittore esprime anche la sua frustrazione nei confronti di quei traduttori che scelgono di tradurre libri che sono una via di mezzo tra “folklore e letteratura”. A suo parere, non si traduce la letteratura araba perché è di buona qualità, ma perché introduce i lettori al “mondo arabo”, come se i libri fossero semplici guide turistiche. “Se vuoi conoscere la Siria, leggi questo libro! È sbagliato”- incalza e poi continua dicendo di non voler essere un biglietto da visita per la Siria.

Eppure, nonostante nelle sue opere realtà e surrealismo si confondano e i toponimi siano rari, non si può fare a meno di associare la Siria a Tamer e viceversa.

Si potrebbe pensare che sia disilluso nei confronti della vita, molte delle sue storie non hanno un lieto fine, e invece l’autore damasceno si considera una persona che vive in bilico tra speranza e angoscia. Ne è una prova la perseveranza che ha dimostrato negli anni come intellettuale. Sebbene costretto a lavorare per giornali controllati dal governo, perché non c’era alternativa in Siria, ha sempre cercato di trasmettere il suo messaggio. Pur sentendosi completamente libero di discutere di “argomenti proibiti”, Zakaria Tamer è consapevole che non vi sia immunità per gli scrittori, neanche per autori di grosso calibro come lui.

Negli anni Ottanta fu licenziato da al Ma‘rifa, una rivista pubblicata dal ministero della Cultura siriano, perché un articolo era stato considerato troppo audace da Hafez al Asad, che mandò la polizia segreta a casa di Tamer. Per fortuna non lo trovarono, perché, avvisato da sua moglie, se ne era scappato in Libano. Tutte le copie della rivista furono confiscate, ma quelle ritirate dalle edicole non erano che un numero minimo di copie, se paragonato alle migliaia che quel numero di al Ma‘rifa aveva già venduto.

Superati gli ottanta, Zakaria Tamer è uno scrittore ancora molto attivo: ha appena pubblicato una raccolta di articoli satirici, Ard al wayl (La terra della sventura) e ha annunciato la prossima pubblicazione di una nuova antologia di racconti.

Questo articolo è apparso su SiriaLibano: http://www.sirialibano.com/siria-2/zakaria-tamer-lindomabile.html

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