L’ultimo libro della scrittrice siriana Samar Yazbek, Bawwabat Ard al ‘Adam, è appena uscito nel Regno Unito, tradotto come The Crossing: My Journey to the Shattered Heart of Syria (Rider Books).
Scritto sotto forma di romanzo, è però tutt’altro che fiction: il libro racconta dei passaggi di confine che l’autrice ha realmente compiuto tra il 2012 e il 2014 e raccoglie le testimonianze di siriani, a partire dallo scoppio della rivoluzione, e fino al 2014, momento in cui la scrittrice ha optato – se così si può dire – per l’esilio.
All’inizio delle rivolte in Siria, nel marzo 2011, Samar Yazbek, giornalista e scrittrice affermata, regista e sceneggiatrice per il cinema e la tv, ha deciso di scendere in piazza per reclamare la libertà di espressione, un diritto che i regimi autoritari che si sono succeduti nel suo Paese hanno regolarmente negato. Ciò che la scrittrice non sapeva era che, con l’intensificarsi della violenza e del terrore, il suo destino si sarebbe irrevocabilmente legato a quello della sua nazione.
Yazbek si è ritrovata in prima fila tra le schiere dei dimostranti: ha denunciato i crimini perpetrati dal regime di Bashar al Asad, ha rivendicato maggiori diritti per le donne e l’abolizione della censura. Prima è stata trattenuta dalle forze dell’ordine, poi, quando la sua voce è diventata troppo scomoda al governo siriano, e la sua presenza in Siria un rischio, si è trasferita a Parigi, dove ha perseverato nel suo attivismo politico. In esilio ha continuato a battersi per i suoi connazionali, denunciando le atrocità perpetrate dal regime di Damasco e urlando all’Occidente il bisogno disperato di aiuti umanitari, ma anche di intervenire per fermare ulteriore spargimento di sangue.
Ma il richiamo delle radici e il senso di responsabilità erano troppo forti perché si limitasse al solo uso delle parole. Nell’agosto 2012 Samar Yazbek è ritornata in Siria illegalmente, attraversando a piedi il confine turco. Questo è solo il primo di una serie di attraversamenti documentati in The Crossing. Una volta dentro, la scrittrice ha visitato le zone “liberate” dal controllo del regime e si è impegnata in prima persona per costruire scuole e offrire sostegno alle persone bisognose, ma ha anche raccolto storie di persone e famiglie intere di cui parla nel suo libro.
È questo il miglior pregio di The Crossing: documentare le brutalità e le privazioni subite dai siriani, esaltando l’aspetto umano delle vicende. Se è vero che è un romanzo, The Crossing è anche e soprattutto una testimonianza, un’immagine veritiera della realtà siriana, come lo sono stati altri romanzi per il passato. (Mi viene in mente Il lato oscuro dell’amore di Rafik Schami, che è una vera e propria fotografia della Siria sotto Hafez al Asad, anche se in quel caso i nomi di persone e luoghi sono fittizi). The Crossing riesce a rendere la complessità sociale, storica, etnica, religiosa e – non ultima – umana, della Siria che spesso non trapela in molti libri di attualità che si occupano della guerra siriana.
Samar Yazbek in questi giorni è a Londra per partecipare a Shubbak, il festival biennale della letteratura araba, e contribuire ancora una volta ad aumentare la consapevolezza del pubblico sulla guerra in Siria, ma anche per proporre, attraverso le sue opere letterarie, una visione più ampia e più umana della situazione siriana, un’alternativa alle notizie diffuse dai media.
L’autrice è stata elogiata per il suo coraggio e per il suo impegno sociale, ma all’evento intitolato “Speaking Truth to Power”, ha spiegato come la scrittura sia già essa stessa un atto di coraggio.
Ripercorrere ricordi penosi della vita per fissarli su carta le è sembrato, in alcuni momenti, un’operazione superflua e senza senso, mentre altrove vite umane sono messe a rischio da bombardamenti, fame e violenze. Nell’epilogo di The Crossing racconta di come la mente si bloccasse e le dita le tremassero quando cercava di sfogliare gli appunti delle sue interviste con i siriani.
Quando poi è riuscita a superare questo blocco, ha scoperto il legame intimo tra la scrittura e la morte. Scrivere della guerra in Siria ha significato infatti per lei rivivere quei momenti dolorosi, rielaborarli e – al tempo stesso – morire dentro poco a poco, nella consapevolezza di non poter cambiare il corso degli eventi.
Yazbek dedica questo romanzo ai martiri della rivoluzione siriana, ai “traditi”, per usare le sue parole. Traditi dal loro presidente, ma anche dalla memoria, dal ripetersi della Storia prima con Hafez e poi con Bashar al Asad. E infine, traditi dalla comunità internazionale che, secondo l’autrice, si accontenta di guardare i fatti siriani da lontano e si rifiuta di assumersi le proprie responsabilità.
Se in Taqatu‘ niran (“Fuoco incrociato”, tradotto in inglese come A woman in the Crossfire), il suo primo diario di guerra, Samar Yazbek credeva di aver visto l’inferno, con l’inasprirsi del conflitto ha capito che quello che aveva scoperto era solo il primo dei suoi vari livelli, perché ogni volta che si apre una finestra sulla Siria si scoprono nuove ingiustizie e nuovi orrori.
Questo articolo è apparso su SiriaLibano http://www.sirialibano.com/siria-2/samar-yazbek-in-viaggio-nel-cuore-in-frantumi-della-siria.html
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